Pane, amore e futuro
“Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento”. Franco Arminio, Cedi la strada agli alberi
Tra le parole più cercate e pronunciate, da tre mesi a questa parte, “pane” rientra di sicuro in top ten.
Mentre social e tv parlano di pandemia, lockdown, mascherine e tamponi, milioni di italiani obbligati a restare in cucina, sfornano senza tregua, come forma di resistenza e resilienza. Il rito del pane in casa, perso per decenni e ritrovato o addirittura da molti scoperto per la prima volta, è diventato un modo per volersi bene in un complicato periodo di costrizioni: un momento di raccoglimento, di meditazione. Fare il pane è stato come ristabilire un contatto con le proprie origini, con i propri luoghi, ricordi e profumi. Tra una fetta e l’altra, si raccontano aneddoti. Fare il pane è stato come riprendere in mano un ritmo naturale, più intimo, più nostro.
Amore. Poche cose al mondo custodiscono un significato così tanto nobile, evocativo, semplice e buono.
È un gesto d’amore per chi ha fame, simbolo religioso e mantiene vivo da millenni un immaginario ricco di fascino. Penso ai panettieri della storia e a quelli dei nostri borghi, alle decine di fornai che si sono avvicendati nella consegna del pane nella nostra bottega. Provate a immaginare quanti ne possono essere passati in più di ottant’anni! Penso a Rocco che ci consegna il pane di Laterza, penso al profumo che fa l’arrivo del pane di Noci cotto nel forno a legna. Alla fragranza, alla forma montagnosa del pane di Altamura, ai panfocaccia caldi con la farina sotto, alle rosette croccanti. Penso alla pazienza dei fornai che ho imparato a conoscere fin da quando ero piccolo, gente semplice, forte, dedita al lavoro, spesso stanca e assonnata.
Futuro. L’universo del pane ha vissuto negli ultimi anni importanti trasformazioni.
Un’evoluzione possibile grazie al contributo giovane e formato di tanti professionisti,ricercatori scientifici, panettieri e creativi del mondo del marketing. La tecnologia ha sicuramente reso possibili passi avanti nella gestione del sistema produttivo e nella sperimentazione di nuove tecniche, impensabili fino a pochi anni fa. Tante farine, lievitazioni controllate a distanza, forni ultratecnologici: i panifici sono diventati piccoli grandi laboratori di creatività e ricerca. Per dimostrare che l’unico futuro possibile si dovrebbe basare su uno sviluppo più umano e più sostenibile delle filiere produttive, si è partiti dall’alimento più semplice (e complesso): il pane. Sono tanti i panettieri che in tutta Italia stanno facendo innovazione diventando esempi in tutto il mondo e ed è enorme la ricerca nel settore della cerealicoltura.
Tra le tante storie che ho incontrato, una che mi ha molto colpito è quella del professor Salvatore Ceccarelli e del suo grano evolutivo.
Detta anche “tecnica del miscuglio”, fin dal 2010 Ceccarelli sostiene che sia questo il futuro dell’agricoltura, fondato sui principi di biodiversità e sostenibilità. Esistono decine e decine di semi diversi, ma quelli che oggi ritroviamo in pasta e panificati si contano sulle dita di una mano. Il monopolio dei semi ha portato alla perdita della biodiversità e alla uniformità dei campi, che è anche causa dell’impoverimento della nostra flora intestinale. Ma i miscugli, è stato dimostrato, servono a far fronte al cambiamento climatico: si evolvono nel tempo e reagiscono, naturalmente e senza l’aiuto di disserbanti, agli attacchi di malattie o erbe infestanti. Insomma, sostenere la (bio)diversità, favorire la messa a coltura di varietà diverse della stessa specie, nello stesso campo, significa (ri)mettere la natura nelle condizioni di trovare da sola la via per un futuro possibile, più sano e meno inquinato.
Nelle Marche e in Molise è iniziata anche la trasformazione in pasta del miscuglio di frumento duro (quello di 700 varietà diverse), mentre panettieri avanguardisti come i ragazzi del Forno Brisa e Gabriele Bonci lo sperimentano in panificazione. “Un prodotto che accorcia la filiera tra il contadino e il consumatore finale, un pane agricolo e naturale, ottenuto da farine che hanno parametri organolettici diversi e non omologabili a una farina tradizionale, che diventa espressione del territorio dove il grano viene coltivato” – Gambero Rosso
Pane, amore e futuro.